( da EQUINOZIO d'AUTUNNO - EDAS - Messina 2004 )
." . . . . . . . . . . . . . Tutte le violenze anche quelle "legali", oltre all'indiscutibile oltraggio al senso morale, si debbono considerare devastanti da diversi punti di vista; anche se nell'immediato possono dare la sensazione di influire positivamente su una situazione, alla distanza mostrano le crepe che quella violenza ha determinato sul tessuto sociale e sull'atteggiamento psicologico di quelle persone o comunità che più o meno direttamente hanno subito la violenza. Le violenze che vengono esercitate a fin di bene o come deterrente producono sempre un ineliminabile squilibrio e fertilizzano il terreno su cui attecchiranno con facilità i semi delle violenze future . . . . . . .i governanti di tutte le nazioni non hanno il coraggio o la netta e chiara visione di operare nella direzione dell'antiviolenza. Il loro orizzonte culturale, in perfetto accordo con la maggioranza dei governati, è troppo miope e per di più velato da una serie di condizionamenti da cui, obiettivamente, non è facile liberarsi. . . . . . . .. Le vie che possono portare ad una sempre migliore equità sono lastricate da grandi difficoltà, ma queste vie sono molto più numerose di quanto una ristretta e fumosa visione possa intravvedere; se si allontana dal proprio orizzonte la mentalità che con la violenza si possano risolvere una serie di problemi, si determina una luminosità che permette di vedere ciò che prima non si sospettava nemmeno poter fare. . . . . . .. .
Un uomo quando comincia a far parte di un esercito non può far altro che rinunciare alle sue visioni democratiche, alle sue facoltà di giudizio; ogni singolo componente di un esercito, dal semplice soldato al generale, diventa ingranaggio di una macchina che esige per un buon funzionamento la quiescenza della personalità umana per eseguire gli ordini senza discutere e senza possibilità di dissentire, giusti o sbagliati che possano essere (usi ad obbedir tacendo e tacendo morir!) con buona pace della propria libertà e dignità; esaltante, educativa funzione a maggior onore e gloria della Patria. I militari vengono addestrati alla violenza e questa per necessità di cose deve far parte dell'armamentario militare; non può esistere un esercito che non sia addestrato ad uccidere e distruggere perchè questa formazione comportamentale è insita nello stato delle cose. . . . . . . . . . . .
." . . . . . . . . . . . . . Tutte le violenze anche quelle "legali", oltre all'indiscutibile oltraggio al senso morale, si debbono considerare devastanti da diversi punti di vista; anche se nell'immediato possono dare la sensazione di influire positivamente su una situazione, alla distanza mostrano le crepe che quella violenza ha determinato sul tessuto sociale e sull'atteggiamento psicologico di quelle persone o comunità che più o meno direttamente hanno subito la violenza. Le violenze che vengono esercitate a fin di bene o come deterrente producono sempre un ineliminabile squilibrio e fertilizzano il terreno su cui attecchiranno con facilità i semi delle violenze future . . . . . . .i governanti di tutte le nazioni non hanno il coraggio o la netta e chiara visione di operare nella direzione dell'antiviolenza. Il loro orizzonte culturale, in perfetto accordo con la maggioranza dei governati, è troppo miope e per di più velato da una serie di condizionamenti da cui, obiettivamente, non è facile liberarsi. . . . . . . .. Le vie che possono portare ad una sempre migliore equità sono lastricate da grandi difficoltà, ma queste vie sono molto più numerose di quanto una ristretta e fumosa visione possa intravvedere; se si allontana dal proprio orizzonte la mentalità che con la violenza si possano risolvere una serie di problemi, si determina una luminosità che permette di vedere ciò che prima non si sospettava nemmeno poter fare. . . . . . .. .
Un uomo quando comincia a far parte di un esercito non può far altro che rinunciare alle sue visioni democratiche, alle sue facoltà di giudizio; ogni singolo componente di un esercito, dal semplice soldato al generale, diventa ingranaggio di una macchina che esige per un buon funzionamento la quiescenza della personalità umana per eseguire gli ordini senza discutere e senza possibilità di dissentire, giusti o sbagliati che possano essere (usi ad obbedir tacendo e tacendo morir!) con buona pace della propria libertà e dignità; esaltante, educativa funzione a maggior onore e gloria della Patria. I militari vengono addestrati alla violenza e questa per necessità di cose deve far parte dell'armamentario militare; non può esistere un esercito che non sia addestrato ad uccidere e distruggere perchè questa formazione comportamentale è insita nello stato delle cose. . . . . . . . . . . .
Il pacifismo non è affatto ingenuità, al minimo è solo semplice buonsenso; è amore per l'umanità ed orrore per la bestialità della violenza esercitata con la bestialità di certi poteri che, con la forza, distruggono il giusto diritto alla vita ed ipocritamente ricostruiscono (ottime occasioni di lavoro e di guadagni) ciò che hanno distrutto. Un esercito nazionale se supera una certa potenzialità nei confronti degli altri, se vuole dimostrare una forza, una superba prevalenza non si può accettare nella maniera più convinta perchè si deve considerare un terribile, minaccioso nemico di altri popoli, di altri interessi. Gli eserciti da sempre hanno avuto la grezza funzione di proclamare un modo di vedere la realtà, ammantarsi di idealità fasulle per coprire interessi a danno di altri interessi probabilmente altrettanto criticabili.. La vera grandezza di un popolo, di una precisa realtà deve essere riposta su altre basi, invece che sulla forza dei muscoli; questo modo di vedere semplice e da accettare con convinzione oggi deve essere tenuto in grande considerazione perchè in tutto il mondo il numero di persone che aborre la violenza e lo manifesta è in costante aumento. E' uno dei meriti della democrazia l'estendere l'autodeterminazione di notevoli masse umane, non ostante i rallentamenti cercati dal potere di pochi; è questo in prospettiva il discorso da intraprendere con decisione per tentare di avvicinarci progressivamente a quelle situazioni di alto significato cui tutti aneliamo. E' cattivo l'uomo nella sua natura oppure sono particolarmente "cattivi" quei pochi che hanno in mano le redini della vita sociale umana? . . . . . . .
Le considerazioni di cui sopra possono essere oggetto di diverse valutazioni e drastiche critiche, specialmente da parte di quelle persone intelligenti e pratiche ancorate a visioni che oggi potrebbero essere diverse, persone che sanno che l'uomo è quello che è, che è sempre stato e sempre sarà (forse).
Prendendo l'avvio da quanto detto c'è da chiedersi se gli esperti di psicologia hanno preso in considerazione l'idea pacifista nella mente dei pacifisti; per quel poco che ci è dato sapere non sembra che l'argomento sia stato sufficientemente studiato e sia stato tentato un approccio per capire se l'impulso alla violenza faccia parte di quell'immagine primordiale, comune a tutti gli uomini, archetipica, che ha base nella zona profonda della psiche, ancora più profonda dell'inconscio personale, che ha archiviato e sistematizzato le esperienze primordiali acquisite nel corso dell'evoluzione biologica; per intenderci meglio l'incoscio collettivo come è stato proposto da Jung. Indagine difficilissima da svolgere anche perchè bisognerebbe capire, per distinguere, ciò che è proprio del singolo da ciò che il singolo subisce ed assorbe da parte di quei poteri che in tutti i tempi e latitudini hanno insidiato e continuano ad insidiare i veri valori dell'umano, frantumando la dignità del singolo, fortificando protervamente sentimenti violenti per gli interessi del potente, spargendo con malizia i semi della violenza su quel terreno che pervicacemente hanno preparato per la semina e successiva rigogliosa crscita.
La strada per eliminare gli ingiusti privilegi, le subdole o criminalmente manifeste prevaricazioni, gli squilibri, gli sfruttamenti è una lunga strada di asperità ma il solo percorso possibile per ridurre le drammatiche prospettive di morte e distruzione, di vilipendio dei giusti diritti, il solo percorso razionalmente ed emozionalmente corretto che può contrastare e ridurre tanti disastri.
Non arrendersi all'indifferenza ed alla convinzione che non possiamo fare nulla; cerchiamo di sentire il dovere elementare di opporci, con tutta la forza morale che riusciamo a formare nel nostro intimo, all'idea della violenza, di tutte le manifestazioni di essa. Sarebbe la vera arma intelligente, supertecnologica di un esercito invincibile, capace di sbaragliare con la semplice consapevolezza della propria luminosa umanità il buio dei superbi e disumani poteri."
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