venerdì 4 dicembre 2015

RELIGIONI PARTE 3°

Ogni essere umano deve trovare nella profondità del suo essere, nel grandissimo dono divino dell’intelligenza e razionalità, la forza di diradare la nebbia della così detta fede, l’accettazione comodamente acritica di verità che non trovano alcun riscontro nei fatti, fatti che fanno risaltare l’impossibilità realmente concreta che racconti e credenze si siano verificati come pervicacemente , ossessivamente ci si affanna a farci credere; la “santa “ignoranza che ci raccontava eventi e relative sub costruzioni si sta dimostrando, con il progredire delle conoscenze reali, autentica ignoranza e non è certamente superbia tentare faticosamente di avvicinarci quanto più possibile alla verità. Si dovrebbe ritenere gravissima superbia l’autoconsiderarsi degni di essere al mondo incarnando l’immagine divina (certe realtà possono non piacere). Dovremmo riconoscere l’esistenza di un profondo rapporto improntato non a querule richieste, ad inutili offerte, a barbarico cibarsi di agnelli sacrificali, ma intensa anche se impari simpatia, scambievole anche se squilibrato rapporto d’amore, immediata e senza intermediari superflui, presenza misticamente totalizzante la sacra materialità umana, infinitesima parte della divina santità..mein ist Himmel und Erde an meinen Werken kennst du mich (C.Furchtegott Gellert). Studiare, interpretare , descrivere oggi l’immenso complesso della realtà non è possibile farlo soltanto intuitivamente come si è sempre fatto nei millenni che abbiamo alle spalle; l’intuizione, la grande intelligenza umana è purtroppo drammaticamente limitata. Questa constatazione incontrovertibile stende una sensazione di grande umiltà su certe arroganze ed orgogliose considerazioni che hanno alimentato le menti di un alto numero di filosofi e teologi. L’intuizione umana può servire soltanto per comprendere un mondo visto in sole tre dimensioni, in un tempo che scorre solo in certo modo, senza nessuna possibilità di riuscire a fondere intuitivamente i due concetti di spazio e tempo per cementarli come un tutt’uno. Questa nostra naturale incapacità ci ha messo molto spesso a commettere gravi errori di interpretazione, di dedurre una serie di concetti che è difficile far combaciare con i dati di fatto reali; i rigorosi studi, nel profondo dei fatti naturali, marchiati dai parametri matematici di altissima verificabilità, ci hanno insegnato che i nostri schemi mentali non ci consentono di convalidare concetti che in questa luce possono considerare fossili di razionalità. È da superbi e ciechi totali pensare che la razionalità umana sia ai massimi gradi delle possibilità dell’universo; non  possiamo minimamente immaginare le possibili realtà che sono fuori della nostra Terra; rendiamoci conto che l’umanità è il massimo possibile nel nostro mondo. Qualsiasi vero e rigoroso studio, qualunque sia il suo campo di studi, non può permettersi di non conoscere, oltre i capitoli del suo settore, almeno le più elementari acquisizioni della scienza pura, dell’astronomia e cosmologia, al fine di evitare grossolani errori di prospettiva, anche se la realtà che fisicamente ci circonda è di una complessità enorme e le continue acquisizioni pongono più domande rispetto alle risposte che danno. Un amico teologo osservava e soppesava una grossa pietra e rifletteva considerando che quella pietra esisteva perché un essere umano, il pensiero, l’intelligenza, l’anima del mondo si degnava di formare l’idea della sua esistenza; bisogna osservare che il teologo in questione con tutta la sua intelligenza, con tutti gli studi che avevano formato il suo sapere, non aveva la minima conoscenza della intima, fisica essenza della pietra, sia per la natura più profonda, che non poteva essere percepita intuitivamente, perché questo intuito non poteva arrivare all’essenza di quell’insignificante pietra, l’immensa estensione del vuoto interno, il vorticoso moto delle particelle interne; in sintesi una gravissima aberrazione da semplice ignoranza. È questa sostanzialmente la posizione di studi che sono compresi nel grande calderone della teologia. Il problema religioso si può comprendere tra due estremi di impossibile incontro; da una parte i così detti atei, accompagnati da quelli che considerano la problematica religiosa qualcosa che non li riguarda, qualcosa di cui si debbano interessare i religiosi di professione. Dall’altra i praticanti,  coloro che hanno fede, con tutta la gamma di posizioni cha vanno dall’integralismo più disumano alla tiepidezza......continua

   

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