martedì 22 settembre 2015

E NON C’INDURRE IN TENTAZIONE...

Da una quindicina di anni a questa parte eminenti personalità di varie estrazione si affannano a dire la loro su quella terribile frase contenuta nel Pater Noster. Non è assolutamente il caso di essere coinvolti in questa diatriba. È di estrema, di insopportabile evidenza  che questa frase fa parte della risposta che Cristo da quando gli si chiede una modalità di preghiera richiesta espressamente per pregare, così come documentata nei Vangeli di Matteo e Luca. Ancora oggi la Chiesa nella sua ritualità mantiene inalterata quella frase che inserita nella limitata intelligenza umana è semplicemente obbrobriosa per l’umanità poichè niente e nessuno è evidente può mai insultare l’Eterno. Qualsiasi blasfemia ricade su chi la pronuncia. Questa blasfemia a tutt’oggi nella ritualità cattolica ricade sulla stessa chiesa cattolica che continua a riproporla, per di più enfatizzata con la scenografica implorante alzata delle braccia verso il cielo.  

Purtroppo i comportamenti rituali adottati dalla Chiesa sono piene di gravi inaccettabilità. Per limitarci alla via crucis e alla successiva crocifissione, quante gravissime imprecisioni sono costantemente ripetute. L’iconografia ufficiale della via crucis non corrisponde per nulla alla storicità dei fatti; il condannato portava su Golgota soltanto la parte trasversale della croce mentre quella verticale restava costantemente sul luogo della crocefissione. La crocefissione era la pena più grave nell’ordinamento romano, nell’ebraismo si condannava il reo con la lapidazione. Il condannato non veniva secondo la modalità romana, inchiodato ma legato. Da un punto di vista molto pratico che necessità ha la chiesa a descrizioni che non coincidono con la  romana ritualità delle procedure? Di guardia ai crocifissi rimanevano soldati romani. Mi sembra opportuno non continuare su questa strada pertanto mi fermo qui chiudendo il tutto.

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