venerdì 6 marzo 2015

Religio (parte III )

La consapevolezza di essere una parte dell'universo può liberarci dall'angoscia della morte e dalla "condanna" ed essere obbligati, "liberamente obbligati" alle scelte?
Non possiamo nè potremo trovare risposte definitive alle domande esistenziali; le domande fondamentali saranno sempre quelle che ogni essere umano di volta in volta dovrà porsi per dare significato alla propria esistenza, per capire che, forse, il suo breve esistere non potrà avere spiegazione, motivazione al di fuori dell'appartenenza, coesistenza ad un universo atemporale, alla sua verosimile trascendenza.
" Più non vaga il mio cuore e la mia mente rimane immobile... quel Brahaman è dentro di te"; qualche verso tratto da Guru Granth, un canto di Ramananda, considerato una delle discese, incarnazioni di Visnù.
Da parte nostra possiamo tentare un intimo anelito, una personale, inesprimibile creazione; l'annullamento-esaltazione nella divina presenza, la profonda percezione di sfiorare la realtà dell'Assoluto.
Con i piedi ancorati al passato, anche se vacillante, miasmatico, osserviamo attenti il presente volgendo lo sguardo e la ragione ad un futuro rischiarato dal reale in progresso, all'incalcolabile ricchezza del reale che si espande dal piccolissimo all'immenso, vivifica, avvera i sogni, che con agile facilità supera, se non ci si limita a galleggiare inerti, tutte le libere, sfrenate, impavide, bizzarre, immaginifiche fantasticherie.

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