mercoledì 21 ottobre 2015

ISRAELIANI E PALESTINESI


Ripropongo quanto ho scritto alcuni anni fa.
È  necessario un sia pur breve ed incompleto inquadramento storico della situazione attuale.
Il popolo ebraico, dopo la diaspora, è riuscito nei secoli a conservare la propria identità ed a tenere presente il desiderio di un ritorno alla terra dei padri (significativo l’augurio vicendevole scambiato annualmente: l’anno prossimo a Gerusalemme).
Il sionismo, nel suo versante politico, è nato alla fine dell’800 con Herzl e la sua idea di una Carta dei diritti ebraici garantita dagli Stati Europei.
Si è sviluppato ulteriormente con Weizmann, che era riuscito a strappare all’Inghilterra, con la dichiarazione di Balfour del 1917, un impegno preciso. Ma l’idea che avrebbe portato alla costituzione dello Stato di Israele era stata nel 1945 di Ben Gurion il quale aveva chiaramente intuito che soltanto l’appoggio forte degli Stati Uniti sarebbe stato determinante, anche per la presenza delle potenti lobby ebraiche statunitensi.
A sostenere Ben Gurion vi era la simpatia e la solidarietà di gran parte del mondo e specie di quello europeo per l’orrendo olocausto subito dagli ebrei. E così si intensifica la spinta migratoria verso la Palestina e si intensificano anche i guai.
Varie spiegazioni tentano di inquadrare la dolorosissima situazione attuale.
Una giusta logica avrebbe voluto che una soluzione così drammatica venisse attuata dopo una paziente opera di mediazione tra ebrei e palestinesi; questi ultimi, di fatto, erano in casa propria da sempre, nati e cresciuti nel territorio dei padri e dei padri dei loro padri. Se il sionismo che Martin Buber  vagheggiava nell’ideale messaggio espresso nella sua opera più celebrata (Ich und Du), quel suo sogno in cui arabi ed ebrei, umani soggetti di un rapporto intenso e personale, animati dall’intenzione di collaborare, fosse riuscito ad improntare anche parzialmente l’azione di Ben Gurion e degli altri protagonisti, il corso degli eventi sarebbe stato verosimilmente diverso.  Gli Stati Uniti, l’Europa e particolarmente l’Inghilterra o sono rimasti alla finestra a guardare, o peggio per i loro interessi, hanno favorito l’immigrazione violenta dei superstiti di quella vergogna dell’umanità che sono stati i campi di annientamento nazisti. Sicuramente la convinzione che uno stato ebraico filo-occidentale avrebbe favorito gli interessi degli occidentali in un mondo arabo “infido” non è stata di secondaria importanza. Sarebbe stato necessario ai fini di una reciproca tolleranza e di una vera pacificazione tra i due contendenti operare, immediatamente, per la costituzione anche di uno stato palestinese con precisi confini; ma questo evidentemente non rientrava nei disegni occidentali. In questa situazione è comprensibile, drammaticamente, da una parte l’ostilità palestinese e dall’altra la paura di una possibile distruzione dello stato d’Israele. Così stando le cose gli israeliani potevano scegliere tra una strada difficilissima, che era quella di attenuare i contrasti con la controparte e cercare di ridurre l’odio dei palestinesi per gli “intrusi”, e la strada della forza, la strada da sempre scelta da chi la forza la possiede, la strada di coloro che sono convinti che con la forza si possano conculcare diritti sacrosanti, una strada che alla distanza mostra tutta la sua utopia e stupidità, perché fa irrobustire i, l’odio, sentimento terribilmente negativo che ragionevolezza vorrebbe non ci fosse ma specialmente da ridurre al minimo tra due popoli in stretta convivenza. Gli attentatori suicidi palestinesi potrebbero vantare  un fulgido esempio in un certo Sansone; invoca il Signore dicendo: Signore Iddio rendimi le mie forze di un tempo affinché possa vendicarmi dei miei nemici. Quale è la differenza con gli emuli palestinesi odierni? Le rappresaglie dello Stato di Israele non hanno aggiunto una jota alla sicurezza dei suoi abitanti, come praticamente e chiaramente è sotto gli occhi di tutti, ma sono riusciti a sviluppare i nefasti sentimenti di vendetta e di odio con relative pratiche manifestazioni di una disumana spirale di sangue che chiama sangue che lascia inorriditi. Il diritto internazionale che limiti pone all’uso della rappresaglia considerando che questa è espressione di gravissima mancanza del senso morale,di comportamento disumano di una società che si proclama civile non dovrebbe minimamente tollerare; quanta è la distanza dalla legittima difesa? La rappresaglia come oggi è praticata si può dire, senza alcun dubbio, che è espressione di un totale disconoscimento del Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e di numerosi suoi articoli.
(tratto da Equinozio edizione Edas  2003)

Saltando a piè pari nella più tragica quotidianità, possiamo dire senza ombra di dubbio che questo è l’evidente esito della improvvida nefasta unilaterale costituzione che nel 1948 ha dato vita allo Stato di Israele. Nel corso degli anni se non ricordo male, questo ha ricevuto numerose critiche e avvertimenti da parte dell’ONU; i governi israeliani del tempo, sicuri della protezione statunitense, non ne hanno tenuto nessun conto. Gli attacchi e contrattacchi israelo – palestinesi causavano entifade e guerre che costantemente si risolvevano con il predominio israeliano data la evidente sproporzione delle forze in campo e la smaccata protezione statunitense.
Riflettendo sulle più immediate operatività organizzate dall’arrogante squilibrato comportamento dell’attuale governo guidato da Netanyahu, ci sembra che il massimo della nefasta attività israeliana sia stato raggiunto; sono evidenti, anche se insufficienti i segni di uno sganciamento statunitense che praticamente ha bloccato l’espansione dei coloni israeliani oltre il Giordano, per cui si può sperare in una futura riduzione ed un rientro della sovranità israeliana entro i precedenti confini.
Il contrasto, la rivalità tra israeliani e palestinesi che dura ormai da parecchi decenni, presumibilmente, dolorosamente durerà per un tempo che è difficile definire. Bisognerebbe  ricominciare da quella visione equilibratamente, naturalmente espressa da Martin Buber, ritornare al sogno, concretizzare quel sogno che unificava arabi e ebrei, umani soggetti di un rapporto intenso e personale, animati dall’intenzione di collaborare.
Purtroppo gli israeliani e gli ebrei in genere non vogliono rendersi conto che quel tempo in cui poteva esistere un popolo eletto è drasticamente, fortunatamente, tramontato definitivamente. A parer mio, con profondo tentativo di essere equilibrato, sono gli israeliani che devono ridurre la arrogante superba convinzione di continuare a considerarsi anche se ambiguamente, popolo eletto e uniformarsi equitariamente all’intera popolazione umana di cui sono parte.
Praticamente considerare terroristi quel pugno di disperati che combatte con coltelli e pietre contro il super organizzato esercito israeliano, è un ambiguo tentativo di falsificare dati concreti; certo esistono anche coloro che usano esplosivi e a questi si può attribuire giustamente la qualifica di terroristi. È la dignità, gli intrinseci valori palestinesi conculcati dalla arroganza israeliana che “costringe”all’intifada. La concreta soluzione di queste drammatiche situazioni, oggi allo stato dei fatti è da considerarsi inattuabile. A voler essere ottimisti ed utopici e diluire una giusta soluzione in tempi non troppo lunghi si presenta una unica realistica prospettiva. Questa prospettiva è evidentissima ed è teoricamente e pragmaticamente la costituzione di uno stato palestinese con precisi confini e con piena dignità costituzionale e operativa. Non esistono altre possibilità, altre modalità al di fuori di questa; fin quando non si arriverà all’obbligatoria corretta realizzazione di uno stato palestinese con le qualità e caratteristiche già dette, tutto il resto saranno chiacchiere, spesso drammatiche ed espressione di un continuo sfruttamento da parte del mondo occidentale disinteressato egoisticamente ad una corretta soluzione e al mantenimento dello status quo. Certo che la lunga conflittualità tra i due gruppi, non sarà possibile cancellarla con un colpo di spugna, residueranno purtroppo code difficilmente ineliminabili che conserveranno  conflittualità che potrebbero prolungarsi per altri drammatici anni.

sono riflessioni di un semplice essere umano, certamente non esperto che cerca di approfondire il più equilibratamente possibile


Ad ogni buon conto riportiamo la traduzione inglese

Nessun commento: